Una notte di fine gennaio, da qualche parte in Italia, qualcosa si muove tra gli steli d’erba intirizziti dal freddo e tra le foglie marcite dall’acqua. Uno, due, dieci, cento, centinaia di sagome bitorzolute si affannano al chiaro di luna, puntando tutte in un’unica direzione. Laddove la vegetazione si fa più rada, lasciando intravedere qualcosa, i raggi di luna restituiscono il riflesso dell’inconfondibile pupilla rossastra del rospo comune (Bufo bufo Linnaeus, 1758)! (Immagine 1) L’aria dell’inverno sta cambiando, la temperatura e l’umidità sono quelle preferite dai rospi che intuendolo si preparano, la sveglia sta suonando e non ce ne sarà un’altra. Escono da sotto tronchi e sassi, da dietro un vecchio cumulo di mattoni, dalla tana di una talpa e si mettono in marcia.
Ha inizio il periodo migratorio degli anfibi, uno dei primi eventi eco-biologici dell’anno, ed il rospo comune sarà il nostro cicerone in questo fantastico viaggio alla scoperta delle Migrazioni degli Anfibi!
Partiamo considerando una delle principali caratteristiche delle migrazioni anfibie: l’esplosività! Questo termine descrive adeguatamente ciò che accade in Italia per molte specie di rospi, rane, tritoni e salamandre: la finestra temporale durante la quale osserveremo i rospi in accoppiamento è infatti molto breve, solitamente di qualche settimana1,2. Nei giorni di picco massimo i rospi che utilizzano un determinato sito riproduttivo ci si ammassano e danno il via alle danze: i maschi, molto più piccoli per dimensioni, afferrano le femmine gonfie di uova, cingendole strettamente all’altezza del torace (Immagine 2).
Le femmine difficilmente sfuggono alla salda presa dei maschi, che possono contare su dei particolari tipi di rigonfiamento, i ‘calli nuziali’, posti sulle dita degli arti anteriori. A volte capita che, in preda ad una vera e propria frenesia riproduttiva, più maschi si accalchino sulla stessa femmina nel tentativo di accoppiarsi e finiscano per ucciderla per annegamento.
Le migrazioni riproduttive spesso vengono precedute da metamorfosi morfologiche e fisiologiche anche molto accentuate. Nei rospi maschi aumenta l’elasticità della pelle, si ingrossano i calli nuziali ed i colori divengono più sgargianti. Alcune tra le metamorfosi riproduttive più eclatanti sono quelle che si osservano nel tritone crestato (Triturus carnifex Laurenti, 1768), un anfibio urodelo (il gruppo di anfibi muniti di coda) che popola i boschi europei. Ha una pelle granulosa color blu-scuro ed una striscia dorsale gialla che corre dal capo alla coda, mentre con il sopraggiungere del periodo degli amori cambierà colore e forma del corpo, sviluppando una livrea più chiara con delle macule blu concentriche, un ventre arancione acceso, anch’esso con macchie blu, ed una vistosa cresta dorsale dentellata (Immagine 3). La sua stessa biologia cambia e si adatterà a trascorrere questa fase in una forma completamente acquatica: l’accoppiamento avviene difatti sott’acqua, in stagni, pozze temporanee o fontanili! Solitamente, terminato il periodo riproduttivo, i tritoni crestati da cigni ritornano anatroccoli e si infilano sotto i sassi per ricominciare la vita terrestre.2
Torniamo ai nostri rospi che nella loro nuova forma si stanno aggrovigliando nell’acqua. Osservandoli potremmo chiederci come siano giunti fin qui, e da dove. Stando agli studi effettuati, gli spostamenti dei rospi si concentrano nella maggior parte dei casi in pochi chilometri e consistono in migrazioni round-trip (ritorno ciclico nel sito d’origine; ne abbiamo parlato meglio nell’Episodio #1) così schematizzate: dal sito di letargo invernale si spostano in massa al sito riproduttivo; terminata la riproduzione, escono dall’acqua per andare a passare l’estate in un home range estivo che utilizzeranno fino all’arrivo dell’autunno, periodo più umido e fresco durante il quale si sposteranno nuovamente verso il sito di letargo invernale, generalmente nelle prossimità dello stagno dove torneranno ad accoppiarsi3 (Immagine 2). E’ ovvio che si tratta di generalizzazioni e che ogni situazione sarà diversa dall’altra. In alcuni casi i rospi potrebbero allontanarsi anche solo di pochi metri dallo stagno per tutto il resto dell’anno, se trovano tutto ciò di cui hanno bisogno. Allo stesso modo capiterà che si spingano in lunghe marce di svariati chilometri se le necessità lo impongono!
I rospi sono inoltre molto fedeli al sito riproduttivo ed in uno studio di Sinsch (1987)4 sette rospi su dieci sono riusciti a tornarvici con successo, dopo essere stati forzatamente spostati per ben 3 km! Tuttavia hanno avuto bisogno fino a tre giorni per riuscire ad orientarsi nella direzione giusta. È stato dimostrato che per riuscire nella migrazione il rospo comune utilizzi una varietà di riferimenti spaziali, tra cui segnali magnetici, acustici, olfattivi e visivi1. Nonostante la fedeltà al sito alcuni rospi, solitamente i giovani, si cimentano in veri e propri dispersal (letteralmente dispersione; ne abbiamo parlato meglio nell’Episodio #1), partendo con intraprendenza alla ricerca di nuovi siti riproduttivi!5(Immagine 6)
Alcune delle caratteristiche descritte fin qui ci aiutano a capire come le migrazioni per gli anfibi siano un momento estremamente delicato e di vitale importanza. Spesso questi animali vedono i loro home range frammentarsi a causa della costruzione di strade o barriere come dighe e muri. Le barriere interrompono il flusso di individui tra le varie popolazioni, isolandole, mentre le strade uccidono ogni anno centinaia di anfibi (road killing) (Immagine 7).
Fortunatamente le precauzioni sono ben conosciute: i sottopassaggi lungo le strade più trafficate, le barriere ‘anti-rospo’, il rispetto dei limiti di velocità oltre che una corretta comunicazione e sensibilizzazione. Per evitare l’eventuale costruzione di barriere e strade sono invece necessari studi approfonditi delle popolazioni di anfibi locali e della loro biologia sito-specifica. Tutte queste misure andrebbero applicate sempre e sempre meglio!
A questo punto, insieme ai nostri rospi, anche noi siamo giunti al termine di un lungo viaggio, durante il quale abbiamo inseguito entusiasti il caparbio volo della Berta Maggiore, ci siamo meravigliati della coraggiosa migrazione della Sfinge Testa di Morto, tenendo bene a mente gli infiniti ritorni a galla del Plankton!
La serie di articoli sulle migrazioni finisce qui, con qualche meraviglia scoperta in più, ma sempre con un solo ed unico comandamento: muoversi!
Bibliografia
Grafiche: Midori Yajima
Foto: Mirko Pandolfi (Immagine 1–7), Pietro Montemurro (Immagine 2)