State camminando sul vostro sentiero quando improvvisamente vi trovate di fronte a delle impronte, ma su uno strato di duro calcare… se continuate leggere capirete com’è possibile!
Qualche articolo fa ci siamo chiariti le idee sul perché troviamo i fossili girovagando su e giù per le montagne, ma dal passato non ci arrivano solo fossili!
Dopo l’emersione dei fondali c’è stato un passeggiamento da parte di altre forme di vita sui nostri suoli.
Il macro-settore che studia le impronte di qualsiasi genere lasciate dai vari organismi, tra litodomi che si costruiscono la casa nel sedimento o semplicemente passeggiatori di ambiente tidale (area dove agisce la marea), e non solo, è l’Icnologia.
L’Icnologia è una branca della paleontologia e della biologia che si occupa dello studio delle tracce lasciate dagli animali, testimonianze dell’attività biologica di vari tipi di organismi e sono costituti da orme di vertebrati, piste della locomozione di invertebrati, gallerie scavate da invertebrati per procurarsi il cibo o per cercare riparo all’interno di sedimenti non ancora consolidati. Anche le uova e gli escrementi fossili rientrano in questa categoria. La paleoicnologia si occupa quindi dello studio degli icnofossili, mentre la neoicnologia si occupa delle impronte lasciate da organismi attualmente viventi.
La combinazione delle due permette di poter capire qualcosa in più sui dinosauri, comparando individui viventi e strutturalmente simili con questi strani giganti che hanno da sempre stuzzicato la curiosità di molti.
I terreni che vediamo in montagna non sono sempre stati lì ma ci sono state delle evoluzioni del paesaggio e variazioni degli ambienti deposizionali. Le aree interessate dal calpestio di questi giganti del passato erano in quei tempi delle aree fangose di ambiente di laguna o comunque un ambiente costiero in cui il micro-film algale ha permesso il mantenimento di tali impronte proteggendole dai flussi di marea. Un esempio lo troviamo nella cava localizzata a ridosso della città di Sezze (LT). Lì sono state trovate diverse impronte, formatesi quando quell’area milioni di anni fa era una piana intertidale, quindi soggetta alle escursioni di marea. Quando le impronte sono state create, superficialmente sul terreno era presente un tappeto algale che sprofondando con il passo del dinosauro ha causato la deformazione dell’impronta smussando i bordi e facendola quindi sembrare più grande di quanto in realtà non fosse. In quel sito è stato possibile distinguere due tipologie di impronte, quelle dei noti “colli lunghi” e quelle di teropodi, più piccoli dinosauri bipedi.
I primi con impronte semi-circolari con un diametro di circa 40 cm, spesso contornate da molte impronte di teropodi (carnivori ad andatura bipede con zampe posteriori grandi e robuste con tre dita). Questo accadeva poiché con i loro passi i “colli lunghi” provocavano la rottura della crosta superficiale e la fuoriuscita del fango sottostante, questo probabilmente permetteva l’esposizione di possibili organismi di cui i teropodi si nutrivano.
Non solo gli americani hanno la possibilità di godere dello spettacolo di antiche tracce lasciate chissà quanti milioni di anni fa e di immaginare che il contesto naturale in cui si sono formate era completamente diverso dall’attuale.
Un esempio di ritrovamenti di orme di dinosauro si trova sulla cima del Mt. Pelmo (Figura 1), in Dolomiti, su rocce appartenenti al periodo geologico del Giurassico Inferiore.
Le impronte si trovano nei calcari peritidali del Gruppo dei Calcari Grigi, affiorante oggi nelle Alpi Meridionali. Nel 2011 un gruppo di speleologi scoprì un nuovo sito situato a 3037 m sul livello del mare, quasi alla sommità del Mt. Pelmo1.
Se ci spostiamo nel sud Italia invece sono state rinvenute impronte di media taglia appartenenti a teropodi. Tali impronte sono state rinvenute a Mattinata, nel promontorio del Gargano (Foggia), appartenenti probabilmente al Giurassico Superiore nella formazione geologica Sannicandro2.
Questi sono solo alcuni rapidi esempi, uno a nord ed uno a sud dell’Italia, per sottolineare la complessità geologica della nostra penisola (e non solo), evidenziando quanto ciò che vediamo è stato modificato più e più volte, prima sommerso poi emerso o viceversa, prima appartenente ad un continente e poi ad un altro e comprendere queste modificazioni non è così scontato.
Grafiche: Midori Yajima