Immaginiamoci molto piccoli, a tal punto che solo pochi millimetri separano la nostra testa dai piedi. Stiamo galleggiando a mezz’altezza in un’acqua torbida, circondati da organismi di ogni tipo: una panciuta pulce d’acqua (Daphnia spp.*, un minuscolo crostaceo) filtra particelle fluttuanti di detrito, mentre decine di larve di zanzara si contorcono in superficie respirando attraverso il loro sifone; una ninfa di libellula (ovvero il suo stadio larvale) si aggira sul fondale fangoso alla ricerca di prede da catturare con la sua mandibola scattante, incontrando di tanto in tanto qualche larva di dittero (i Diptera sono l’ordine a cui appartengono mosche, mosconi e zanzare) (Video). Improvvisamente, mentre contempliamo questa (bio) diversità, un gorgoglio cattura la nostra attenzione; alziamo lo sguardo in direzione del rumore ed osserviamo stupiti che ci sovrasta il grosso muso di un cinghiale, intento a sorseggiare l’acqua nella quale siamo immersi.
A questo punto abbandoniamo il silenzioso (eco) sistema acquatico, aumentiamo le nostre dimensioni ed osserviamolo nuovamente: eravamo immersi in una piccola pozza, formatasi dall’intreccio tra due radici (il termine tecnico di questa forma è ‘dendrotelma’: Figura 1), alla base di un acero imponente (Acer spp.). Ai nostri piedi una coppia di limacce (Limax spp.) si attorciglia contendendosi una succulenta e colorata russula (Russula spp., un fungo caratterizzato tipicamente da colori sgargianti) che fa capolino tra le foglie umide; anche se non si vedono, il fungo ospita numerose larve di ditteri intenti a scavare profonde gallerie nella sua carne. Sopra di noi uno scoiattolo comune (Sciurus vulgaris Linnaeus, 1758) si affretta a nascondersi al nostro sguardo e a quello di altri potenziali predatori; neanche a dirlo e poco dopo scorgiamo tra i rami un allocco (Strix aluco Linnaeus, 1758) ben mimetizzato.
E’ giunto il momento di farci ancora più grandi ed osservare questo sistema dall’alto, a ‘volo d’uccello’. Ciò che vediamo da questa nuova prospettiva è un mare di alberi, un bosco di cerri (Quercus cerris Linnaeus,1753), aceri (Acer spp.), castagni (Castanea sativa Mill., 1768) e carpini (Carpinus spp.), circondato da strade e campagne (Figura 3). Le chiome degli alberi si distendono al sole, orientando le loro foglie secondo l’angolazione migliore per ottimizzare la fotosintesi, trasformando così l’energia solare in zuccheri. Sta avvenendo il processo che struttura la base alimentare di tutto il sistema nel quale abbiamo viaggiato.
Questa è solo una piccola parte dell’insieme di specie e processi chimici, fisici e biologici altamente organizzati che formano un ecosistema forestale. E’ necessario adesso fare un’importante osservazione: se analizzassimo singolarmente i processi, gli alberi o gli animali che compongono la foresta non saremmo mai in grado di cogliere il complesso sistema che viene a formarsi dall’interazione di tutti questi elementi; esso non può essere smontato, come una macchina per vedere cosa c’è dentro, perché se scendiamo di livello ci perdiamo qualcosa! Nei Trattati di Metafisica di Aristotele1 si legge “[…] di tutte le cose che hanno molte parti, e il cui insieme non è come un ammasso e il cui intero è qualcosa di più delle parti […]”. In un ecosistema non si parla di somma, si parla di intero! Dunque un’intera foresta è qualcosa di più della somma delle sue singole componenti, le quali interagendo tra loro danno vita a nuove proprietà e strutture.
Le dinamiche oscillanti tra le prede ed i predatori, la resistenza ad alcuni eventi di disturbo, come può essere un incendio, o la capacità resiliente di ripristinarsi in seguito al passaggio delle fiamme, sono infatti proprietà che emergono di pari passo con lo svilupparsi dell’ecosistema. Questo avviene grazie a tutte le connessioni che si accendono tra le sue componenti, le quali a loro volta appartengono a numerosi sottosistemi interagenti.
Questa ‘stratificazione’ della natura, matrioska infinita per cui il bosco è un ostello per il riposo notturno di un gruppo di storni (Sturnus vulgaris Linnaeus, 1758) in migrazione, ma anche il territorio di caccia della martora (Martes martes Linnaeus, 1758), e allo stesso tempo i singoli alberi sono casa per centinaia di coleotteri che si nutrono di legno, è un’ulteriore affascinante proprietà dei sistemi complessi, inclusi gli ecosistemi2,3,4 come la foresta nella quale ci siamo addentrati. Per questo motivo è fondamentale avere ben chiaro il livello di dettaglio al quale si vuole analizzare un ecosistema forestale3 : piccoli come una pulce d’acqua o dall’alto con un drone?
Arrivati a questo punto potrebbe coglierci un impulso simil- ‘combatti o fuggi!’, ci troviamo davanti a qualcosa di grandioso e dobbiamo agire: studiare, misurare, fotografare, filmare, proteggere, coinvolgere! Lasciamo però che si calmino le acque e, per prima cosa, osserviamo senza fretta.
Cos’altro potremmo fare, oltre che ammirare questa benedetta complessità?
Bibliografia:
[1] Aristotele, Metafisica libro H, 1045 a 9-10.
[3] Gell-Mann, M. (1988). Simplicity and complexity in the description of nature. Engineering and Science, 51(3), 2-9.[4] Bar-Yam, Y. (2002). General features of complex systems. Encyclopedia of life support systems, 1.
[4] Bar-Yam, Y. (2002). General features of complex systems. Encyclopedia of life support systems, 1.
* La dicitura ‘spp.’ sta ad indicare una qualsiasi specie appartenente al genere citato (es. Daphnia spp. indica una specie del genere Daphnia)
Foto: Giulio Ferrante (Copertina e Figura 2)
Video: Pietro Montemurro