Nelle puntate precedenti (Episodio #1, Episodio#2) abbiamo parlato di diversi tipi di migrazioni che prevedono voli lunghissimi, salti e camminate infinite. Ma cosa accade nell’ambiente acquatico, dove ci si può spostare nelle tre dimensioni? Oltre a migrare da un punto geograficamente distinto a un altro, le specie marine compiono un particolarissimo tipo di migrazione senza cambiare di un grado le coordinate geografiche, nuotando chilometri e chilometri tutti i giorni e tutte le notti lungo la colonna d’acqua: stiamo parlando delle migrazioni verticali.
È il 1872 e siamo a bordo della nave Challenger, una delle spedizioni scientifiche più importanti della storia che portò alla scoperta di oltre quattromila nuove specie marine. Durante i campionamenti che si svolgono sia di giorno che di notte, notiamo che ci sono alcuni tipi di animali che troviamo solo di giorno e altri solo di notte. In particolare c’è un animaletto minuscolo che si chiama copepode (Figura 1), un piccolissimo crostaceo, che viene ritrovato solo di notte. Com’è possibile? Da bravi scienziati, dopo averlo osservato, proviamo a dare una spiegazione a questo fenomeno..
I copepodi fanno parte di quegli organismi marini definiti come plancton, termine che deriva dal greco e significa “vagante”. È proprio questo vagare nella colonna d’acqua che caratterizza gli organismi planctonici. La definizione rigorosa di plancton è “l’insieme degli organismi animali e vegetali che pur essendo dotati di movimenti propri, vivono sospesi nella colonna d’acqua e sono incapaci di contrastare le correnti”. Questo, come vedremo, è vero solo in parte: sebbene la caratteristica comune di tutti i gli organismi planctonici sia l’incapacità di compiere grandi spostamenti, parleremo proprio delle migrazioni che caratterizzano questi piccoli animali.
Gli scienziati della spedizione Challenger non riuscirono a darsi una spiegazione del fatto che pescassero i copepodi e tanti altri animali del plancton solo di notte. C’erano delle correnti notturne particolari? È stato successivamente scoperto che i copepodi siano in grado di effettuare dei movimenti di discesa e di risalita anche durante il giorno.
Ma come è stato possibile visualizzare questi spostamenti? Esistono dei dispositivi sonar (Sound Navigation Ranging o ecoscandagli) che mandano degli impulsi di onde sonore ai fondali attraverso l’acqua. Quando questi impulsi colpiscono oggetti o animali o la vegetazione, in risposta, vengono riflessi in superficie. Il dispositivo sonar misura quanto tempo impiegano le onde sonore a raggiungere il fondo, colpire un oggetto per poi rimbalzare sulla superficie, funzionano esattamente come i sistemi di eco-localizzazione di pipistrelli e delfini.
Grazie ai sonar è stato individuato il cosiddetto “deep scattering layer” noto anche come strato riflettente profondo, una regione della colonna d’acqua in cui è presente un’alta densità di organismi marini che riflettono il suono. Molti di questi organismi, pesci inclusi, hanno vesciche natatorie che riflettono le onde sonore in modo così marcato da creare un effetto di “falso fondale”. Quando i primi operatori sonar pensavano di vedere il fondale marino, in realtà vedevano uno spesso strato di pesci, calamari, meduse e altri organismi marini. Questo strato è tipicamente visibile intorno ai 300-500 metri di profondità, e notarono che porzioni dello strato potessero diventare meno profonde durante il giorno: lo strato riflettente profondo cambiava la sua profondità.
Nonostante il plancton sia costituito da organismi che non sono in grado di opporsi alle correnti, alcuni gruppi sono in grado di effettuare grandi spostamenti verticali. Stiamo parlando di velocità impressionanti per degli organismi di qualche millimetro: alcune specie di meduse e copepodi possono migrare anche dai quattrocento agli ottocento metri in una singola notte.
Durante le migrazioni notturne lo zooplancton inizia a migrare verso la superficie al tramonto. Possiamo immaginare questo sciame di minuscoli crostacei (Figura 2) che lentamente, con i primi rossori del cielo, sarà attratto verso la superficie, dove si fermerà per tutta la notte. Poi, anticipando le prime luci dell’alba, tornerà nelle profondità più oscure per tutto il giorno, portando con sé i nutrienti acquisiti in superficie.
Il fenomeno di queste migrazioni verticali giornaliere note anche con il nome di “migrazioni nictemerali”, coinvolge non solo lo zooplancton, ovvero gli animali planctonici, ma anche il fitoplancton, gli alberi degli oceani: minuscole alghe disperse nella colonna d’acqua ed in grado di effettuare la fotosintesi proprio come le piante che vivono sulla terraferma. Il fitoplancton tende a muoversi verso la superficie durante il giorno, per avvicinarsi alla radiazione solare, ma possono esserci anche specie che rimangono a profondità più elevate a causa dell’eccessiva illuminazione. La migrazione verticale è un fenomeno che riguarda moltissimi organismi, anche pesci e predatori: rappresenta probabilmente la più grande migrazione animale in termini di biomassa sul pianeta. Per la grandezza e complessità di questo fenomeno è difficile immaginare una spiegazione univoca. Il fatto che coinvolga tantissimi tipi di organismi diversi e che sia un fenomeno largamente diffuso fa supporre che ci sia una forza comune trainante, dato che la natura regola ogni meccanismo nell’efficienza e nell’economia.
Una delle ipotesi più accreditate è la cosiddetta “fuga del predatore”. Secondo questa ipotesi la migrazione verticale servirebbe a ridurre il rischio di predazione da parte di quegli organismi che cacciano a vista. Questa ipotesi è semplice e intuitiva: se i piccoli crostacei dello zooplancton rimanessero in superficie anche durante il giorno avrebbero una maggior probabilità di essere visti dai predatori, come i pesci. Di conseguenza la discesa del plancton verso le profondità con l’avvicinarsi dell’alba è una corsa al riparo, laggiù, dove la possibilità di essere mangiati diminuisce.
Un altro motore evolutivo per il verificarsi di queste dispendiose migrazioni potrebbe essere quello dell’aumento dello scambio di geni fra le popolazioni. Che vuol dire? Durante le risalite e le discese del plancton potrebbe accadere che alcuni individui perdano lo sciame di appartenenza, andandosi a mischiare a sciami diversi della stessa specie e portando nuovo materiale genetico all’interno di popolazioni diverse, tramite la riproduzione sessuale.
A livello ecologico, per il benessere e l’equilibrio degli ecosistemi, queste migrazioni svolgono un ruolo importantissimo. Tutti gli animali che dagli strati più superficiali migrano verso le profondità possono trasferire e rendere disponibile l’energia alimentare accumulata in superficie anche negli strati più profondi, dove la luce e di conseguenza il fitoplancton scarseggiano. Lo zooplancton, infatti, trasferisce la materia organica nutrendosi in superficie, dove abbondano i nutrienti, e rilascia gli escrementi nelle zone profonde.
La spiegazione di questo particolare fenomeno migratorio ci aiuta a capire e a ricordare quanto l’animale umano sia piccolo, più piccolo di un copepode, quando si tratta di trasferire energia da una parte all’altra dell’oceano. Nonostante le loro dimensioni millimetriche, insieme riescono a spostare un intero fondale dalle profondità alla superficie e fornire nutrimento a centinaia di specie degli abissi.
Bibliografia:
Brierley, Andrew S. “Diel vertical migration.” Current biology 24.22 (2014): R1074-R1076.
Grafiche: Midori Yajima